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Ormai la macchina intelligente è un motore di innovazione che proietta il lavoro verso scenari di progresso; e tra questi scenari, spesso non lineari, dove stasi e cambiamenti si intrecciano, c'è Industry 4.0 con il relativo mondo binario fatto di algoritmi che si combinano con la materia, di bit con atomi, di lavoro umano con protesi digitali. Il libro su "Mansioni e macchina intelligente" ce lo spiega, non già descrivendo un futuro ipotetico del lavoro, ma applicando un metodo pragmatico per studiare alcuni dati attuali riferiti a contesti aziendali a tecnologia avanzata per esaminarne le conseguenze giuridiche e per contribuire al dibattito sulle future possibili tutele del lavoro. Il libro propone una rilettura dell'art. 2103 c.c. (novellato nel 2015), in rapporto alle reazioni giuslavoristiche alla tecnologia, volta a evidenziare le potenzialità della contrattazione collettiva nel regolare i processi nella fabbrica che si evolve ed offre altresì la risposta del diritto del lavoro alla nuova struttura della relazione tra datore di lavoro, lavoratore e macchina intelligente, che si configura come terzo elemento di tale relazione. C'è un processo di ibridismo già in atto: ogni volta che un lavoratore interagisce con una macchina intelligente (un "cobot", ma anche solo uno smartphone o un computer) diviene una specie di cyborg. Secondo l'Autore di "Mansioni e macchina intelligente" le funzioni della regolazione del lavoro e della contrattazione collettiva debbono riguardare anche le tutele relative alla gestione, nella Industry 4.0, di tale ibridismo.